Chromatic Alchemy ~ di Marika Vicari
Burano l’isola, l’acqua del Lago di Garda e i ritratti. Per sentire l’emozione sulla pelle. Una storia tutta italiana, ritratti che raccontano attraverso intriganti istantanee, una analisi psicologica, sentita e vibrante della città e dei suoi abitanti. Igor Molin, artista buraneo d’origine e rivano d’adozione, è un nome stimato e ben conosciuto a Ptuj. Dal 2003 ha qui ritratto molti volti che sono entrati a far parte di collezioni private. Dopo il primo premio al Concorso Ex-tempore, ha partecipato alla prima edizione di Art Stays e nel 2008 ad Art Stays Open. Contemporaneamente gli sono state dedicate mostre sia personali che collettive. Per la sua nuova serie di lavori dedicati a Ptuj, Igor Molin – classe 1981, nato a Burano, tra gli esponenti più interessanti della figurazione italiana si è ispirato ad un taccuino visivo fatto di scatti rubati al tempo ed allo spazio. Questi suoi inebrianti ritratti che traggono spunto dalla tradizione antica dei grandi coloristi veneti quali Tintoretto, Veronese, Tiepolo e dalla forza del Michelangelo, posseggono una profondità psicologica e un’enigmaticità più sviluppate rispetto ai lavori precedenti. Le storie narrate – ad esempio due ragazze che mangiano un gelato, persone che passeggiano lungo una calle veneziana, una donna che beve alla fontana uno spritz, indicano formalmente un apprezzamento inedito per il colore, la luce, lo spazio e la struttura. Ritrae persone per scoprire linguaggi, caratteri, per raccontare piccole storie che si incontrano camminando in città e in panorami per lo più legati all’acqua. Fulcro del suo lavoro è il tentativo di “riavvolgere” e decifrare le azioni di ciascuno dei personaggi ritratti, invitati a ritrovare un ruolo all’interno delle situazioni nel corso del loro svolgimento Se l’intento di Molin è quello di esprimere la poesia dell’essere totalmente esposti anche quando si è protetti in un atteggiamento intimo, egli vi riesce meravigliosamente in un piccolo dipinto, Il grappolo di palloncini, realizzato nel 2009. L’opera presenta con un insolito inquadramento, due ragazze che mangiano un coloratissimo grappolo d’uva in evidente gioco simbolico. Questa semplice interazione umana viene trasfigurata e diventa trascendente nello splendore raggiante della sua raffigurazione. Attraverso l’intenzione dell’artista il tempo e il luogo vengono in queste opere dislocati e ricollocati, e, ad avere il peso decisivo è lo spazio che ha lo spettatore tra le loro storie.
– di Marika Vicari
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